La prima cosa che si deve sapere per definire un olio extravergine di oliva è che, come si legge in etichetta, deve essere ottenuto direttamente dalle olive e esclusivamente mediante procedimenti meccanici .
Le varie classificazioni commerciali, poi, sono fatte in base ad alcuni parametri chimici, il più famoso dei quali è il grado percentuale di “acido oleico” presente, e all’assenza o presenza e intensità di difetti quali rancido, muffa, morchia, avvinato..
Più l’olio è acido, meno è buono qualitativamente. L’acidità non si misura col palato ma solo con analisi chimica e per un olio extravergine deve essere inferiore allo 0,8%.
Quello che si percepisce al palato è se è dolce, piccante, amaro, caratteristiche che un olio extravergine di oliva deve avere, e se ha difetti: un olio difettato avrà molto probabilmente un’acidità alta e non sarà dunque un extravergine.
L’olio fatto in un’annata buona ossia quando arrivano in frantoio olive buone, sane, che non hanno sofferto, avrà un’acidità bassa, sarà amaro e piccante e avrà un profumo (fruttato) fresco e intenso .
In un’annata brutta ossia quando le olive sono state attaccate da insetti, danneggiate da agenti atmosferici .. l’olio avrà un acidità più alta. Spesso accade che per comodità o per ottenere rese più alte le olive vengano portate al frantoio per la frangitura dopo qualche giorno, in questo modo l’olio avrà un’acidità alta anche se l’annata sarà stata buona e le olive belle. Questo è un errore molto frequente tra gli olivicoltori.